Quando nel 1960 arrivò sulla scena la Pillola per il controllo delle nascite, si annunciò un’era che avrebbe liberato le donne dal peso di gravidanze indesiderate e che avrebbe aperto così la porta ad una maggiore eguaglianza e libertà.
Sembra che questo “miracolo medico” abbia coinvolto circa 300 milioni di donne in tutto il mondo che hanno scelto la Pillola quale metodo anticoncezionale. In Europa ad oggi la pillola estro-progestinica rappresenta il metodo contraccettivo maggiormente utilizzato, ma con una grossa differenza tra nazione e nazione. In Italia la contraccezione ormonale estroprogestinica è utilizzata solo dal 16,2% della popolazione fertile, contro una media europea del 21,4%, secondo una recente indagine della SIGO, Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia. Esistono, comunque, anche all’interno delle singole nazioni, notevoli differenze d’uso regionali legate ovviamente alle diverse influenze socio-culturali che ne determinano l’uso.
Un po’ di storia
Sir Charles Dodd, Presidente del Royal College of Physicians insieme ad altri suoi colleghi aveva scoperto nel 1938 il primo composto di estrogeni non steroidei, chiamato dietilstilbestrolo (DES). Malgrado fosse un composto sintetico, si fissava ai recettori dell’ estrogeno in modo cosi perfetto che la cellula veniva raggirata, ritenendo che fossero gli estrogeni del corpo a stimolare l’attività. A quel tempo, Sir Charles diede anche severi ammonimenti circa il potere dello stilbestrolo e suggerì di usarlo prudentemente. Ebbe così inizio l’era degli ormoni sintetici.
Il progesterone sintetico, noto come progestina, fu per la prima volta prodotto da Allen e Ehrenstein nel 1944 usando un metodo lungo e complicato. Negli anni ’50 la ditta tedesca Schering e l’americana Syntex furono le prime società a produrre commercialmente questi ormoni attivi oralmente.
Poichè a quel tempo si riteneva comunemente che gli estrogeni potessero causare il cancro al seno, i primi test della Pillola originale in America usarono la progestina. Tuttavia, usando pillole di sola progestina, le donne lamentavano eccessive perdite di sangue. Si capì quindi che per imitare il normale periodo mensile regolare doveva essere aggiunto un estrogeno.
Il Dr. John Rock e il Dr. Gregory Pincus provarono la prima “Pillola Pincus”, negli anni ’50 su un gruppo di volontari di Harvard e su alcuni pazienti cronici malati di mente. Sia gli uomini che le donne assunsero un’alta dose di Envoid (10 mg), che era più che sufficiente a bloccare l’ovulazione delle donne e la produzione di sperma degli uomini. Uno degli uomini manifestò testicoli raggrinziti, per cui tutti gli altri test sulla “pillola maschile” vennero abbandonati e i ricercatori decisero che qualsiasi “pillola maschile” avrebbe dovuto essere realmente sicura prima che gli esperimenti potessero continuare. Nessun avvertimento di questo genere fu mai espresso per salvaguardare la salute delle donne.
Infatti, l’uso congiunto di estrogeno sintetico e progestinici fu introdotto in massa prima come anticoncezionale orale per le donne fertili, e in seguito come terapia per le donne in menopausa e in post-menopausa. Envoid fu il primo anticoncezionale orale che ottenne un certificato medico dalla Food & Drug Administration (FDA) Americana nel 1960 sulla base di studi clinici che comprendevano solo 132 donne Portoricane che avevano preso la pillola per un anno o più a lungo. Cinque donne morirono nel corso dello studio, ma non si fece alcuno sforzo per determinare la causa della loro morte.
Il fatto che fosse evidente che il prodotto non era sicuro non sembrò preoccupare molto i ricercatori. Nonostante gli esiti allarmanti, la Pillola fu promossa con tutto l’entusiasmo possibile dalle società farmaceutiche. Per quanto molto presto fu chiaro che la pillola causava embolie, non fu che verso la metà degli anni ’70 che la quantità di morti di giovani donne per attacchi di cuore e ictus cominciò ad attirare l’attenzione del pubblico sulle possibili e gravi complicanze della pillola. Le statistiche hanno confermato che per le prime donne che avevano usato la pillola c’era un rischio di avere delle trombosi undici volte superiore.
L’evoluzione delle formulazioni estroprogestiniche
Dalla loro introduzione in commercio le formulazioni estro-progestiniche negli anni hanno subito significativi cambiamenti. La prima pillola, introdotta nel 1960, conteneva alte dosi di noretinodrel (progestinico di prima generazione appartenente alla classe degli “estrani”) e mestranolo (estrogeno). Nel 1970 è stato sviluppato il levonorgestrel, potente progestinico di seconda generazione. Nel corso di quegli anni il mestranolo è stato sostituito dall’etinilestradiolo e la sua dose è stata inizialmente ridotta da 150 µg a 50 µg e quindi da 35 a 30 µg.
Originariamente la pillola estro-progestinica era monofasica, cioè ogni pillola conteneva la stessa dose fissa di estrogeni e progestinico per tutta la durata del ciclo. Negli anni ’80 sono state sviluppate le pillole multifasiche ( bifasiche e trifasiche) nel tentative di ridurre la dose del progestinico per ciclo senza aumentare il rischio di breakthrough bleeding.
Gli anni ’90 sono stati caratterizzati dall’introduzione nelle pillole dei progestinici di terza generazione allo scopo di limitare gli effetti clinici e metabolici di tipo androgenico, tipici dei progestinici di seconda generazione. Questi nuovi progestinici includono il desogestrel, il gestodene e il norgestimate. Contemporaneamente gli estrogeni contenuti nella pillola sono stati ridotti a 20 e 15 µg. Queste ultime riduzioni sono state rese possibili in parte grazie alla disponibilità di progestinici ad elevata attività antigonadotropa ed in parte grazie all’utilizzo di nuovi regimi di somministrazione della pillola (24 giorni di pillole attive invece di 21). Di recente è stato introdotto un nuovo progestinico, il drospirenone.
Derivato dallo spirolactone, presenta struttura molecolare e profilo marcatamente diversi dagli altri progestinici. Si caratterizza essenzialmente per una spiccata affinità per i recettori del progesterone (simile al progesterone naturale), attività antimineralcorticoide e antiandrogenica.
Le pillole con progestinici di terza generazione hanno dimostrato avere numerosi benefici.
L’elevata attività androgenica tipica dei progestinici di prima e seconda generazione altera il profilo delle lipoproteine e dei carboidrati. Ad alte dosi possono determinare un aumento del peso, acne, irsutimo, alterazioni dell’umore e dell’ansia. I progestinici di terza generazione associati agli estrogeni migliorano l’acne e non peggiorano l’irsutismo nelle donne che ne sono affette. Hanno un impatto minimo sull’insulina, sul metabolismo glucidico e lipidico. Il risultato finale è una maggiore sicurezza da un punto di vista metabolico. Dubbi sono comunque i reali vantaggi in termini di rischio cardiovascolare rispetto al levonorgestrel. Infatti, in alcuni studi pubblicati, è emerso il dato che il rischio di tromboembolia venosa, seppure contenuto, è aumentato di tre volte fra le donne che utilizzano contraccettivi orali associati a drospirenone rispetto a quelle che utilizzano contraccettivi orali associati a levonorgestrel.
I preparati moderni sono costituiti da diverse combinazioni di estrogeni e progestinici. Per controbilanciare gli effetti negativi del progestinico sulla regolarità mestruale, infatti, si rese necessaria l’introduzione della componente estrogenica che diede un miglior controllo del ciclo mestruale.
Se si vuole procedere ad una classificazione in base alla sola posologia dell’estrogeno, distinguiamo i contraccettivi orali in: medio dosaggio (50 μg di etinilestradiolo); basso dosaggio (30 μg di estinilestradiolo); bassissimo dosaggio (15-20 μg di etinilestradiolo).
I progestinici, invece, possono essere distinti in progestinici di prima generazione (noretisterone), progestinici di seconda generazione (norgestrel, levonorgestrel) e progestinici di terza generazione (desogestrel, gestodene, norgestimate) che derivano dal levonorgestrel ma rispetto a quest’ultimo hanno una maggior azione progestinica e un minor effetto androgenico. Questi ultimi sono tra i progestinici più potenti attualmente in commercio.
In base al rapporto esistente tra la componente estrogenica e la componente progestinica i preparati possono essere distinti in: 1) formulazioni monofasiche, in cui i dosaggi si mantengono stabili durante tutto il periodo di assunzione; 2) formulazioni trifasiche, in cui le due componenti variano il loro dosaggio in tre momenti dell’assunzione; 3) formulazioni combifasiche, in cui le due componenti variano il loro dosaggio in due momenti dell’assunzione (di più recente introduzione).
Esistono, inoltre, dei preparati che all’ etinilestradiolo associano un progestinico di seconda generazione con spiccate proprietà antiandrogene (ciproterone acetato) e pertanto sono indicati nei casi di iperandrogenismo in cui si voglia ottenere anche un effetto contraccettivo.
Cosa funziona nella pillola
L’azione contraccettiva dei preparati ormonali si basa, da sempre, sull’azione del progestinico. Esso agisce tramite un meccanismo principale e, secondariamente, attraverso altri meccanismi meno importanti.
Il meccanismo d’azione principale è simile a quello che ha il progesterone in condizioni fisiologiche come la gravidanza.
Il progestinico, infatti, ad un adeguato dosaggio, ha la capacità di bloccare l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, inibendo il pulse generator ipotalamico, causando una amenorrea ipotalamica iatrogena. E’ questo il meccanismo che garantisce veramente la contraccezione.
Secondariamente, inoltre, il progestinico può agire tramite dei meccanismi periferici quali modificazioni del muco cervicale (che diviene impenetrabile dagli spermatozoi) e inattivazione dell’endometrio (che rende difficoltoso l’annidamento).
Si è visto, inoltre, che gli estrogeni hanno un’azione sinergica con il progestinico nell’inibire l’ovulazione e il combinare i due ormoni ha consentito, tra l’altro, anche una riduzione del dosaggio di progestinico da somministrare.
Come agisce
Sebbene la Pillola sia stata e sia ancora oggi una delle medicine più studiate della storia, i meccanismi d’azione degli ormoni utilizzati nella contraccezione ormonale non sono stati completamente chiariti. Non vi è dubbio, tuttavia, che l’effetto contraccettivo sia il risultato di più azioni esplicate a vari livelli nell’apparato riproduttivo, il che consente di ottenere un effetto contraccettivo complessivo notevole anche quando, per vari motivi, uno dei punti di attacco non venga influenzato completamente.
I principali meccanismi d’azione della pillola EP sul controllo della fertilità sarebbero i seguenti:
a) blocco dell’ovulazione;
b) variazione della motilità tubarica ostacolata o precoce con interferenza sulla discesa dell’ovocita e dell’embrione;
c) modificazione della mucosa endometriale con ostacolo all’annidamento dell’embrione;
d) modificazione del muco cervicale con ostacolo alla penetrazione degli spermatozoi.
Il blocco dell’ovulazione è certamente il meccanismo principale che si ottiene già dal primo mese di assunzione regolare della pillola EP. Il blocco dell’ovulazione si realizza per l’inibizione della secrezione delle gonadotropine ipofisarie, dovuta a sua volta all’azione svolta sia sui centri dell’ipotalamo che sull’ipofisi. In particolare l’estrogeno sopprime la gonadotropina ipofisaria FSH (follicle stimulating hormone: ormone stimolante il follicolo) impedendo così la selezione e l’emergenza del follicolo dominante; il progestinico, a sua volta, sopprime la secrezione della gonadotropina ipofisaria LH (luteinising hormone: ormone luteinizzante) impedendo lo scoppio del follicolo e quindi l’ovulazione.
La componente progestinica, inoltre, agisce anche a livello dell’endometrio e del muco cervicale .
Per quanto riguarda l’azione a livello dell’endometrio, il progestinico modifica la struttura dello stesso sì da renderlo inadatto all’annidamento dell’embrione. Inoltre, riducendosi la produzione di glicogeno si riduce l’energia disponibile per la sopravvivenza dell’embrione (blastocisti) nella cavità uterina.
In particolare le azioni svolte dal progestinico sono le seguenti: blocco della neosintesi dei recettori per gli estrogeni e per il progesterone, atrofia delle ghiandole, riduzione della moltiplicazione cellulare, decidualizzazione con trasformazione secretoria transitoria e incompleta dell’endometrio. La presenza dell’estrogeno nella pillola ha la funzione, tra l’altro, di stabilizzare l’endometrio così da ridurre le irregolarità mestruali, e di potenziare l’azione del progestinico. Il meccanismo d’azione dell’estrogeno è probabilmente correlato all’aumento della concentrazione di recettori progestinici intracellulari.
Per quanto riguarda l’azione della pillola sul muco cervicale si evidenziano diverse modificazioni a carico del muco prodotto dalle ghiandole cervicali come aumento della viscosità, riduzione della filanza tali da rendere il muco poco penetrabile da parte degli spermatozoi. La componente progestinica della pillola, infatti, stimola la produzione di muco denso che, creando un ostacolo alla penetrazione e sopravvivenza degli spermatozoi, costituisce una barriera, riducendo significativamente le possibilità di fecondazione.
Anche a livello tubarico, il progestinico influenza l’attività secretoria, che risulterà ridotta, interferendo sul transito dell’ovocita e della cellula uovo fecondata.
Indice di Pearl
Con l’indice di Pearl si indica il numero di gravidanze insorte in un tempo di 12 mesi in 100 donne che hanno usato correttamente un determinato metodo contraccettivo. Minore è questo valore più elevata è l’efficacia del metodo contraccettivo. Idealmente, l’indice di Pearl di un contraccettivo veramente efficace dovrebbe essere pari a zero. Tuttavia, nessun contraccettivo, tranne l’astinenza, può dare un’efficacia del 100%, neanche se usato correttamente. Per la pillola si attesta tra lo 0.1% e lo 0.9% .
LaGuardia K.D. et al., in una ricerca finalizzata alla valutazione dell’azione contraccettiva di 4 nuove formulazioni di EP, hanno evidenziato che l’incidenza dell’ovulazione, determinata con il dosaggio del progesterone, è stata variabile dallo 0% al 7%.
Anche per le ultimissime formulazioni contraccettive, Anderson F.D. et al., dopo la somministrazione quotidiana in un primo gruppo di EP per 84 giorni consecutivi e successivi 7giorni di placebo ed in un secondo gruppo di EP per 21 giorni consecutivi e successivi 7 giorni di placebo, hanno rilevato un indice di Pearl rispettivamente di 0.60 e di 1.78.
Queste ultime ricerche ribadiscono, così come altre più datate, che la somministrazione della pillola EP combinata, anche se correttamente assunta, non impedisce del tutto l’ovulazione così da richiedere l’intervento degli altri fattori per esplicare l’effetto contraccettivo ovvero, quello tubarico, endometriale, e cervicale.
Effetti
Negli ultimi anni si sta sempre più assistendo ad un’ammissione in ambito clinico che questi ormoni steroidei siano medicinali davvero potenti e potenzialmente pericolosi per la vita, in grado di causare anche gravi danni alla salute. Un rapido aumento di tumori cervicali e al seno, ictus, malattie cardiovascolari, embolie, immunità ridotta, infertilità e notevoli squilibri nutrizionali, sono solo alcune delle condizioni che senza dubbio sono riconducibili all’uso di questi ormoni.
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali più frequentemente riportati sono lievi irregolarità mestruali (spotting), mastodinia, nausea, senso di gonfiore e talora incremento ponderale, cefalea, variazione dell’umore, diminuzione del desiderio sessuale. Tali sintomi possono essere legati alla componente estrogenica, progestinica e/o androgenica della pillola. La nausea, tensione mammaria, la cefalea sono generalmente sintomi estrogeno correlati, mentre l’acne, variazioni dell’umore e aumento di peso sono generalmente sintomi progestinico correlati.
Effetti collaterali non pubblicizzati della pillola
Anche se la Pillola esiste ormai da oltre 40 anni, si stanno scoprendo ancora effetti collaterali nuovi e pericolosi. L’American Journal of Epidemiology ha riportato recentemente che chi fa uso della Pillola rischia maggiormente due tipi di malattie intestinali infiammatorie: la colite ulcerosa, che dipende da prodotti ad alto dosaggio di estrogeno, e la malattia di Crohn. Il legame tra la Pillola e le malattie infiammatorie dell’intestino non è stato messo in giro o pubblicizzato largamente, né nelle istruzioni d’uso né sulla stampa medica.
Un altro problema creato dalla Pillola è quello degli effetti collaterali derivanti dall’interazione con altre medicine. Sia gli effetti della Pillola che quelli dell’altro medicinale possono essere aumentati, diminuiti o semplicemente alterati dall’interazione fra i due.
Effetti metabolici
Gli effetti metabolici indotti dagli EP sul metabolismo lipidico sono variabili in base al tipo di preparato. Gli effetti metabolici sono dose- e tipo-dipendenti (in funzione dell’androgenicità della molecola) per quanto riguarda la componente progestinica, e dose dipendenti per quanto riguarda la componente estrogenica costituita, in tutti i preparati, dall’etinilestradiolo. Gli estrogeni determinano un incremento delle lipoproteine ad alta (HDL) e a bassissima densità (VLDL), una riduzione di quelle a bassa densità (LDL), un aumento dei trigliceridi e una riduzione del colesterolo totale.
Rischio trombotico
Sul rischio trombotico influiscono (con un meccanismo dose- e tipo-dipendente) sia la componente estrogenica che quella progestinica, determinando delle modificazioni sia in senso procoagulativo che profibrinolitico, con un aumentato rischio tromboembolico.
Rischio cardiaco
Il rischio di infarto del miocardio (IM) è determinato, nelle donne che assumono EP, oltre che dalla componente progestinica anche da altri fattori come il fumo di sigaretta.
Pertanto le donne fumatrici che utilizzano EP, soprattutto se dislipidemiche, devono essere considerate a rischio di aterosclerosi. Attenzione va sempre rivolta alla presenza o meno di fattori di rischio che possono, se associati alla pillola, favorire la comparsa di un evento cardiovascolare.
Rischio neoplastico
Verso la metà degli anni ’70 un nuovo test, che permetteva ai medici di identificare i tumori dipendenti dagli estrogeni, stabiliva che circa un terzo dei tumori al seno contiene catene di cellule che si legano alle molecole di estrogeno. Questi tumori vengono chiamati “recettori positivi di estrogeno” o “ER+”. Molto semplicemente, questi tumori crescono quando vengono esposti all’estrogeno e si riducono quando la fonte di estrogeno viene eliminata. Questa nuova tecnologia ha permesso ai ricercatori epidemiologici di esaminare quale tipo di tumori al seno, ER+ o non ER+, crescono ad un ritmo più veloce.
Nel 1990 uno studio basato su informazioni del Kaiser Permanente Tumor Registry statunitense ha rivelato che dal 1974 al 1985 l’incidenza di tumori ER+ nel paese era salito del 131 per cento, cinque volte più veloce dell’incidenza dei tumori senza recettori di estrogeno.
La potenziale associazione tra uso di tali farmaci e cancro è stata valutata in numerosi studi clinici nei quali è stato osservato che, rispetto al non utilizzo, l’assunzione di contraccettivi comporta un aumento del rischio di cancro al seno, alla cervice uterina e al fegato. I risultati di uno studio che ha seguito 46.000 donne britanniche per oltre 30 anni, pubblicati nel 2017 sull’American Journal of Obstetrics and Gynaecology, mostrano che la pillola combinata aumenta il rischio di sviluppare un tumore del seno o della cervice uterina, ma questo incremento del rischio si azzera entro 5 anni da quando si smette di assumere il contraccettivo orale.
Nel 2017 sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i dati raccolti da un importante studio danese, che confermano come le donne che hanno assunto i contraccettivi orali abbiano una probabilità maggiore (intorno al 20 per cento in più di rischio relativo) di sviluppare un cancro al seno rispetto a quelle che non li hanno mai usati. Secondo i risultati dello studio, l’aumento del rischio relativo varia dallo 0 al 60 per cento a seconda del tipo di pillola utilizzata e della durata generale del trattamento.
Patologia venosa
La patologia tromboembolica, che comprende sia l’embolia polmonare che la trombosi venosa profonda, è l’evento cardiovascolare serio più comune tra le donne che fanno uso di contraccettivi orali. Le donne che assumono la pillola hanno un rischio di patologia tromboembolica circa 3-6 volte superiore rispetto a donne che non fanno uso della pillola. Il rischio assoluto di patologia tromboembolica associato alla pillola aumenta inoltre se all’uso della pillola si aggiunge il fattore obesità, l’età, condizioni trombofiliche e recenti atti chirurgici associati o meno ad immobilizzazione. Il rischio maggiore si ha durante il primo anno di assunzione della pillola e tale rischio non è dose-correlato al quantitativo di estrogeni contenuto nelle pillole attualmente in commercio. Un adeguato screening della coagulazione che ricerchi una condizione trombofilica congenita dovrebbe essere richiesta, pertanto, a tutte le donne e non solo a quelle dalla cui anamnesi sorge il sospetto di un trait trombofilico familiare.
Malattie sessualmente trasmesse
Con l’introduzione della pillola, non solo é aumentato il numero dei tumori cervicali, ma anche l’incidenza delle malattie trasmesse sessualmente (STD). La libertà sessuale portata dalla Pillola é stata anche responsabile di un maggior numero di infezioni trasmesse sessualmente o di malattie veneree. Una forma di infezione virale conosciuta come HPV (Human Papilloma Virus), trovata nei tessuti, dell’utero e nei genitali esterni, ha nelle proprie strutture ricettori molecolari che riconoscono ed interagiscono con ormoni come quelli della Pillola. Non solo i ricettori all’interno dei tessuti cervicali vengono influenzati negativamente dagli ormoni, ma lo sono anche quelli all’intemo dell’HPV che infetta gli stessi tessuti cervicali. Gli ormoni stimolano un aumento nell’autoreplicazione del virus. Per chi usa la pillola, ciò costituisce un doppio rischio. La combinazione di HPV e della Pillola rappresenta un rischio più grande di tumore all’utero di quanto lo siano la pillola o l’HPV da soli.
Sterilita’
La sterilità sta diventando una grossa preoccupazione in tutto il mondo. In Italia negli ultimi 25 anni il tasso di fertilità è calato di circa tre volte, passando da 2,7 a 1,2 figli per donna. Non c’è dubbio che anche la pillola abbia inciso, anzi, molti le riconoscono un ruolo di primaria importanza quale fattore di sterilità.
Vale la pena ricordare gli studi condotti da Odeblad sull’effetto che la pillola contraccettiva esercita sulle cripte di muco S e P del collo dell’utero, effetti che si possono mantenere anche per un tempo lungo dopo la sua sospensione. Odeblad ha dimostrato che la pillola ha spesso un effetto notevole sul collo dell’utero, provocandone l’atrofia delle cellule della parte superiore del canale, quelle che producono il muco di tipo S e P. Questo si tradurrebbe in una riduzione o mancanza di quella componente di muco necessaria per la vitalità e il trasporto degli spermatozoi. Inoltre, Odeblad ha constatato che quanto più a lungo la donna assume la pillola tanto maggiori sarebbero i danni subiti dalle cripte secernenti muco S e P. Si verificherebbe la progressiva sostituzione di queste cripte secernenti muco S e P con cripte secernenti muco G, un tipo di muco denso che blocca l’ingresso agli spermatozoi.